Il capanno del pastore by Tim Winton

Il capanno del pastore by Tim Winton

autore:Tim Winton [Winton, Tim]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2023-10-26T22:00:00+00:00


Non ho mai saputo cosa pensare di Fintan MacGillis. Alla fine si può dire che avevo capito che tipo di persona era, e forse è questa la cosa più importante. Era irlandese, questo me l’ha detto subito. Ma non ho mai scoperto come ci fosse finito vicino al lago, e chi fosse prima di arrivare laggiù. Proprio no. Ogni tanto si lasciava sfuggire qualcosa, ma non mi ha mai spiegato tutto dall’inizio. Come diceva lui, ero arrivato alla fine, e ce n’era abbastanza per tutti e due. Solo adesso capisco cosa voleva dire. Era uno di quei disgraziati che a forza di non vedere nessuno finiscono col parlare tutto il giorno da soli, dicendosi quello che faranno, quello che andrebbe fatto, e quello che si sono scordati di fare. Parlava così tanto, cazzo, che sembrava tirarti addosso un sacco di immondizia. E in mezzo a quel mucchio di parole, toccava a te distinguere tra verità e stronzate. Quello che voglio dire è che faceva un sacco di rumore, ma certe volte non diceva granché. Con quell’accento che aveva, e quel suo modo di parlare tutto raffinato e musicale, sembrava che si travestisse continuamente: e si capiva che l’aveva sempre fatto, che era una vita che si nascondeva davanti a tutti.

Aveva la faccia da ubriacone ma lì dentro non ho mai visto niente da bere, a parte l’acqua piovana e il tè che scaldava nel pentolino. Aveva le gambe secche con delle vene azzurre e nodose che gli giravano intorno, e i denti sopra di plastica che si muovevano così tanto da farti venire la nausea. Anche gli occhiali erano sempre storti, con la montatura rotta e le asticelle tenute con lo spago tipo salsiccette di porco. E si capiva che era mezzo sordo. Ogni volta che dicevi qualcosa piegava la testa come un cane da pastore.

Quel primo giorno siamo rimasti lì seduti tutta la mattina, o almeno così mi è sembrato. Quando è finita la focaccia, lui ha riacceso il fuoco e ha continuato a provocarmi e a farmi domande, come se volesse riattizzare anche me. Ma io sono stato attento. Non volevo che scoprisse niente, in caso arrivasse qualcun’altro e lo mettesse alle strette. Pensavo di tornarmene all’accampamento per qualche settimana.

Mi ha detto che quel posto era un vecchio capanno di pastori, costruito quando dalle nostre parti si allevavano ancora le pecore. Gli ho chiesto di chi era la terra e mi ha detto che non lo sapeva, ma ho immaginato che prima lo sapesse, e che poi le cose fossero cambiate. La gente parla sempre dei maledetti cinesi che si comprano la terra, ma magari era di qualcun altro. Chiunque fosse, non aveva fretta di sfruttarla. Non c’erano né allevamenti, né macchine, né gente in giro. Solo io e lui, e qualche capra selvatica.

Gli ho chiesto se aveva un cellulare o un amplificatore VHF e si è messo a ridere. Mi ha detto che si era accorto che avevo un telefono. Gli ho detto che non c’era campo. Quindi eravamo isolati laggiù.



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